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Sant'Emidio, protettore dal terremoto

5/8/2014

 
Sant'Emidio protettore dai terremoti
Sant'Emidio, vescovo e martire, la cui festa ricorre il 5 agosto è venerato dalla Chiesa Cattolica come protettore dal terremoto. 
"Egli, già in vita, aveva dal Cielo il potere di disporre, a sua volontà, del terremoto che, quando entrava in qualche città, come a Pitino in Abruzzo, o in Ascoli, il terremoto si scatenava d'improvviso e faceva crollare i templi e le statue degli dèi... non le case; e, anche oggi queste, il Santo le prende in sua tutela" (Dalla Lett. past. "O Beate Emigdi" di Mons. Ambrogio Squintani). 
Emidio nacque, nell'anno 273, da nobile famiglia di Treviri, città del nord-ovest germanico, ai limiti dell 'Impero Romano. Aveva ormai 27 anni, quando, lui di famiglia pagana, a contatto, con i suoi coetanei cristiani, conosciuta la vera Fede, l'accolse con slancio e ricevette il battesimo. Per divina ispirazione poi, con tre suoi amici, Euplo, Germano e Valentino, sentì di dover partire per l'Italia. Messosi in cammino, valicate le Alpi, scese a Milano, ove s'incontrò col grande vescovo S. Materno che, dopo averlo conosciuto bene, lo istruì adeguatamente e l'ordinò sacerdote. Il giovane levita, allora, partì per Roma, ove allo spirito apostolico, associò sorprendenti prodigi. Fu accolto, con i suoi compagni, da S. Marcellino papa che, ritenutolo idoneo ad assumere le responsabilità episcopali, lo consacrò e destinò ad Ascoli, ove una comunità di cristiani ardeva dal desiderio di avere un Pastore. Ascoli, città antica, era stata distrutta da Pompeo Strabone. Ricostruita dal figlio Pompeo Magno, godeva poi di tanto prestigio da essere riconosciuta -come dicono gli storici -"Metropoli", da Ravenna a Reggio Calabria. Contava oltre ottantamila abitanti. Per la strada consolare "Salaria", che la univa a Roma e al mare Adriatico, era un centro commerciale e militare famoso. Accolto con amore il desiderio del Pontefice, Emidio partì per Ascoli col drappello dei suoi compagni.
Lungo il percorso però, fu informato che qui, per una ridestata persecuzione, non c'erano le migliori condizioni per poter svolgere la sua missione. Volse allora i suoi passi e le sue cure verso l' Abruzzo, conquistando alla Fede la città di Pitino e altre città. Tornata la quiete in Ascoli, vi si diresse. Al suo arrivo, fu una vera gioia per i martoriati cristiani. Il giovane Pastore allora, senza indugio, diede corso al suo lavoro con tanto fervore: predicava, istruiva, confortava i sofferenti, convertiva, battezzava, raggiungendo anche centri fuori di Ascoli; raggiunse infatti Fermo, ove, con una comunità di cristiani già esistente, aprì al culto del vero Dio un tempietto pagano. Dopo appena tre anni d'intenso e fruttuoso lavoro, confortato da prodigi, nel 303, quando ormai tanti pagani si erano convertiti e, tra questi, anche Polisia, la figlia del Prefetto della città, fu catturato dai persecutori, condannato a morte e decapitato nel luogo ove poi sorse il tempietto di "S. Emidio Rosso". Caduto a terra in un lago di sangue, il Martire - secondo la tradizione - raccolse il proprio capo, si eresse, ponendosi in cammino sino a raggiungere l'Oratorio delle Grotte, dove radunava i fedeli per le sacre funzioni; qui, si adagiò nel riposo eterno. Mani pietose poi lo composero in un rude sepolcro scavato nella roccia. Gli ascolani, successivamente, lo esumarono e portarono nella Cripta della Cattedrale, ove è particolarmente venerato come Protettore contro il flagello del terremoto.
Sono gli storici a testimoniarlo, come in Ascoli e diocesi, benchè sia una zona a grave rischio, non si è mai dovuto piangere per gravi conseguenze del terremoto. Si parla infatti di movimenti tellurici disastrosi, quali quelli degli anni 1298, 1672, 1703: "Era tale lo smodato ondeggiamento delle pareti, dei pilastri, delle colonne, delle case e delle chiese che si osservarono le torri delle medesime agitarsi in così orribili piegamenti che di alcune... si aspettava indubitamente la rovina" (Tullio Lazzari). Altri tremendi terremoti vengono ricordati nei secoli XVIII e XIX, tutti di forte entità, rovinosi e disastrosi (si pensi alla prima distruzione di Reggio Calabria e di Casamicciola), città e paesi anche vicini in cui caddero magnifici templi, monumenti insigni e abitazioni, in cui molti furono i morti sotto montagne di macerie: Ascoli ne uscì sempre fuori solo con danni riparabili.


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